Risale alla fine di ottobre 2014 la firma del decreto ministeriale italiano che
rende obbligatorie su tutto territorio nazionale (= validità erga omnes) le regole per la commercializzazione del kiwi espresse negli articoli II, III, IV, V e VI dell’Accordo interprofessionale 2014/15 (clicca qui per scaricare il documento). Non tutti però plaudono all’imposizione di norme che, come un vestito unisex e a taglia unica, possono risultare troppo strette per alcune realtà produttive e commerciali.
E’ il caso della Organizzazione di Produttori-OP Monte di Polistena (RC), il cui direttore Francesco Sorace, commenta per FreshPlaza: “E’ una questione dolente. L’erga omnes risulta infatti da una parte scomodo e antipatico, poiché significa voler andare ad imporre i nostri parametri a quelli di altri paesi e a riscrivere intere culture e abitudini alimentari… Si pensi ad esempio al fatto che, il prodotto così come imposto dall’Accordo Interprofessionale, in moltissimi casi è completamente diverso da quanto preferito dalla stragrande maggioranza dei nostri clienti d’oltremare. Nello specifico, tali clienti ci richiedono principalmente quanto previsto dal Reg. (UE) 543/2011 del 7/06/11 Allegato I parte B/3 in termini di tenore zuccherino o gradi Brix, mentre con attinenza alla durezza richiedono il rispetto di parametri completamente diversi da quanto riportato nell’Accordo. Perché quindi – si chiede Sorace – dover complicare il lavoro in questi termini? Chi siamo noi per imporre ai nostri partner commerciali cose magari neanche gradite?”
“In secondo luogo, ritengo l’Accordo assolutamente penalizzante sia per la prevista data di inizio commercializzazione, ovvero il 27/10/2014 – che risulta discriminante per un’area come la nostra, dove il prodotto è molto precoce – sia per l’imposizione, per l’export oltremare, di un parametro irrisorio di durezza, da 3 a 5 kg. Una scelta certamente scellerata, in quanto significa non poter inviare il prodotto verso quei mercati lontani, con oltre 45 giorni di navigazione, che offrono soddisfacenti risultati sul fronte reddituale”.
Sorace dunque afferma: “Per l’istituto che rappresento e per l’intero comprensorio fortemente vocato alla produzione di actinidia, mancare questi mercati significa soffrire forti ripercussioni negative sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista delle prospettive per l’intero indotto, che in questi tempi di crisi potevamo risparmiarci”.